Europa League 2021, i migliori momenti delle semifinali | L'Ultimo Uomo

2022-09-03 11:20:32 By : Mr. Mechanic Tang

I momenti più rasserenanti della competizione meno rasserenante.

I quattro nomi più da maresciallo di Napoleone tra i semifinalisti di Europa League

Due giorni fa è stato il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte nell’esilio dell’isola di Sant’Elena. Una delle eredità più sottovalutate della sua storia è il granitico gruppo di marescialli che lo ha seguito in una vita di battaglie. Personaggi incredibili, tra l’eroico e il tragico, dal nobile al contadino, dopotutto l’Imperatore amava dire: «Ogni soldato francese porta nella sua giberna il bastone di maresciallo di Francia», che poi se ci pensate sarebbe un bellissimo motto per l’Europa League.

Principe di Danzica, nobile decaduto con il sogno di guidare la sua Polonia all’indipendenza. Cresciuto in un castello fuori Vienna nel mito del Sacro Romano Impero trova in Napoleone l’uomo che può aiutarlo a realizzare i suoi ideali. Si distinse nella battaglia di Jena per il suo pragmatismo mitteleuropeo. Fu tra i più convinti sostenitori della campagna di Russia, dove guidò l’ala destra della Grande Armée. Morì durante la ritirata, colpito da una palla di cannone. 

Bello come un Dio, feroce come un diavolo. Il Conte Alexandre Lacazette aveva dormito in ogni letto che conta di Parigi e guidato tutte le più importanti cariche della fanteria napoleonica. Gli altri marescialli lo odiavano per invidia, Napoleone ne apprezzava il coraggio e la fedeltà, ma non riuscì mai totalmente a fidarsi di lui, tanto da tenerlo nelle retrovie in molte delle ultime battaglie. Sopravvisse a Waterloo, ma morì l’anno successivo per un cancro allo stomaco nel suo castello.

L’angelo biondo di Napoleone. Fu al fianco dell’Imperatore dall’inizio all’esilio all’Isola d’Elba. Era lui la mente organizzativa delle grandi campagne napoleoniche, un’abilità che Napoleone gli riconobbe sempre, tanto da maledire la sua assenza a Waterloo. Fu uno dei pochi a tradire l’Imperatore, rimanendo al fianco dei Borboni anche dopo il ritorno dall’esilio. Divenne Re per matrimonio e ancora oggi la sua famiglia fa parte della casa reale di Svezia.  

Il figlio prediletto della vittoria. Francese di origini italiane, come Napoleone stesso, era di umilissime origini. Riuscì a farsi un nome nell’esercito rivoluzionario, dimostrandosi uno dei migliori generali di Francia. Fu il secondo di Napoleone nella campagna d’Italia, avendo un ruolo fondamentale nelle sorti della Francia, grazie a una capacità di vittoria anche nelle battaglie più difficili che è ineguagliata. Il suo mito declinò durante la disastrosa spedizione napoleonica nella penisola iberica. 

Se nel resto d’Europa la primavera sta sbocciando in tutta la sua forza, a Danzica si fa attendere. Affacciata sul Mar Baltico è ancora sferzata dai venti del nord, con una temperatura che oscilla tra i 2 gradi di minima e i 12 di massima e una pioggia leggera ma insistente. Dovremmo però essere al giro di boa: secondo i meteorologi che abbiamo interpellato, da questo fine settimana le temperature avranno un impennata fino a toccare i 22-23 gradi di massima. Il sole farà capolino sopra i tetti a spiovente, gli abitanti di Danzica toglieranno i pesanti maglioni per mostrare la pelle diafana lungo la Ulica Dluga. Nei cantieri navali il lavoro rimprenderà il suo ritmo serrato, con gli uomini sui ponti a farsi abbronzare i possenti bicipiti. 

Mancano 19 giorni alla finale d’Europa League.

I 9 rimpianti della Roma nella doppia sfida contro il Manchester United

La Roma ha mancato la qualificazione alla finale non di poco, all’apparenza. Il punteggio finale è inequivocabile: 5 a 8, e la Roma non ha mai dato l’impressione di poter davvero vincere il confronto, dopo i disastrosi 45’ della gara d’andata. Ma non esiste un modo univoco per leggere i risultati delle partite: se ci si vuole far del male, trovando rimpianti anche dove forse non dovrebbero esserci, si possono trovare facilmente interpretazioni alternative. La Roma ha chiuso in vantaggio due frazioni di gioco su quattro; nel conto degli xG è addirittura davanti al Manchester United – 5.8 a 5.1. Diciamo che se ci trovassimo in uno di quei multiversi in cui i risultati delle partite non si calcolano sui gol ma con le statistiche avanzate, la Roma avrebbe passato il turno. Ogni tanto girare il dito nella piaga fa bene per metabolizzare la delusione, quindi abbiamo raccolto i momenti decisivi in cui la Roma avrebbe potuto girare dalla propria parte il doppio confronto con lo United. 

Pellegrini perde il momento del 3-2 all’andata

Poco dopo aver subito il gol del pareggio di Cavani la Roma ha avuto un’ultima occasione prima di sgretolarsi. Un’occasione grossa che avrebbe potuto portarla in vantaggio, ma soprattutto con tre gol segnati in trasferta a Old Trafford. Karsdorp – uno dei migliori giocatori nel doppio confronto – gioca uno di quei filtranti per cui era diventato famoso in Olanda. Una visione di gioco unica per un esterno basso. Pellegrini però, fondamentalmente, sbaglia il primo controllo perché invece di rientrare sul destro e tirare, subito, la lascia scorrere sul sinistro, e a quel punto si fida più del suo passaggio che del tiro, ma commette un errore. 

Intermezzo: un momento ridicolo sottovalutato .

Pau Lopez si infortuna parando, letteralmente.

Mirante, il portiere subentrato, la passa a Cavani sulla riga

Karsdorp tiene in gioco un cambio di gioco difficile nell’estremo sforzo di far segnare il Manchester United

Se Miky avesse segnato di testa…

Con almeno quattro gol da segnare bisognava segnare il prima possibile: tanto per dire una cosa ovvia. Cosa sarebbe successo se Mkhitaryan avesse segnato questo gol di testa, oggettivamente non difficile da segnare, dopo 3 minuti dall’inizio della partita?

Se Dzeko avesse passato la palla a Pellegrini…

Invece di infilarsi in un buco nero di gambe di giocatori del Manchester United per poi lasciarsi andare a un tiro floscio che poi sarebbe tornato sul piede di Pellegrini solo in posizione più difficile e defilata.

Se De Gea non avesse avuto la mano così solida su questo tiro di Mkhitaryan

E se le sue mani fossero state di ricotta, stracchino, certosa, o di qualsiasi altro formaggio morbido e fresco.

Se Dzeko, o almeno Pedro, avessero segnato almeno uno di questi due tiri

La Roma sarebbe andata avanti 3-1 nel punteggio, con tre gol segnati in 5 minuti (lettaralmente) e ancora mezz’ora per segnarne altri due. C’erano davvero tutte le condizioni per immaginare una rimonta assurda, in quel momento.

O anche se non fossero entrati i precedenti, almeno poteva entrare questo di Mkhitaryan a pochi centimetri dalla riga

Non colpire quindi i glutei di De Gea e poi scorrere orizzontalmente sulla riga di porta assumendo un effetto anti-fisico illeggibile.

O almeno questo tiro sul palo

Perché magari era già troppo tardi ma a un certo punto uno dei cinqucento tiri di Mkhitaryan sarebbe anche potuto entrare.

Alcuni momenti in cui non è successo nulla in Villarreal-Arsenal

Al Villarreal serviva di svuotare progressivamente la partita per incartare l’Arsenal, evitare un calcio batti e leva, alzare le possibilità del caso in un confronto che vedeva solo un gol ballare tra le due squadre. Emery, che nelle partite di andata e ritorno è come Taylor Swift coi Grammy Awards, ha preparato perfettamente i suoi giocatori a questo tipo di partita. Anche se l’Arsenal può attaccarsi ai due pali colpiti da Aubameyang, la finale non è mai sembrata veramente piegare verso la squadra di Londra.

La partita è iniziata da pochi secondi, ma la regia sa già che potrà soffermarsi su cosa accade fuori dal campo perché dentro il Villarreal sta già creando la sua ragnatela intorno all’Arsenal. Così è perfettamente normale soffermarsi sulla faccia antica di Emery che seduto in panchina parla da solo e si fa il segno della croce. Dodici secondi che sembrano usciti da uno di quei filmini di Andy Warhol in cui mangia un hamburger mentre intorno a lui non succede nulla.

Teoricamente si tratterebbe di una lunga azione dell’Arsenal che parte da Leno fino a minacciare l’area di rigore del Villarreal, tuttavia non c’è un momento in cui la squadra di Emery non è in controllo. A ogni passaggio tra gli avversari c’è un movimento in sincrono, ogni tentativo di creare qualcosa è fiaccato da una superiorità di uomini e intenzioni. Anche dopo il recupero, la riaggressione dell’Arsenal si perde come lacrime nella pioggia, il Villarreal senza troppo disturbo accetta di lasciare il possesso agli avversari, ma una volta che questi sono tornati da Leno, così tutto può ricominciare da capo.

Il dribbling difensivo di Parejo

Al 92esimo, nel momento di massimo sforzo per l’Arsenal, quando la partita si dovrebbe giocare a una sola porta, con lanci disperati e ribattute eroiche, Dani Parejo mette in pausa il mondo. È una giocata controintuitiva: il Villarreal ha ricacciato l’Arsenal indietro, ma sulla trequarti la pressione dell’Arsenal ha stretto il campo e quasi recuperato il possesso che però arriva Parejo, che in mezzo a due controlla e si gira verso la sua porta. Da dietro è però arrivato Lacazette a dare una mano ai compagni, il centrocampista spagnolo però riesce a evitarlo con un dribbling difensivo che è anche difficile da capire, fatto muovendo il corpo e non il pallone. Il pallone è saldo tra i suoi piedi, può tornare da Albiol, che a sua volta tornerà indietro da Rulli, in attesa del fischio finale.

Mkhitaryan di testa dopo 3 minuti

Del condominio in cui andrai ad abitare non c’è niente che non vada, a parte che ti hanno detto che ogni tanto qualcuno perde la testa e si butta dal palazzo. Hai preso in affitto una nuova stanza e dentro ci hai trovato una fotografia appesa sopra la porta d’ingresso. Sei stanco, non hai voglia di pensare a come arredarla. Ti metti al letto, ci penserai nei prossimi giorni. La fotografia ha in primo piano un volto femminile con la bocca aperta, sta forse cantando? Sembra una cantante lirica, ma dietro di lei ci sono persone vestite per il circo, sovrastate da un tendone. C’è una luce strana, di plastica, nella foto. Ti metti a letto, dormi, ti risvegli, vai a lavoro, vivi la tua vita, poi torni a casa. Non ti ricordi della fotografia finché non ti rimetti a letto la sera e la luce dell’abat jour, tagliata dal libro che hai davanti, non illumina la foto. Non è più la stessa foto. La donna non sembra più che stia cantando, urla, disperata, il viso è contorto in una maschera di dolore espressionista.

Non avevi più pensato a lei finché non te la trovi davanti, invecchiata e bellissima dentro al concessionario d’auto. Quando eravate alle elementari le avevi fatto avere un bigliettino con scritto “vuoi metterti con me”? Lei veniva da una famiglia molto cattolica, aveva abbassato lo sguardo e buttato il biglietto. Non ti aveva rivolto parola fino alle scuole medie, quando aveva cambiato scuola e quartiere. L’hai cercata su Myspace, poi su Facebook, ma qui avevi trovato solo un’omonima che forse poteva somigliarle. Come si indovina come cresce e poi invecchia una persona? Ora eccola lì davanti a te, sei sicuro sia lei, ma come? Indossa un tailleur un po’ demodè, dei capelli a caschetto, il rossetto di un colore scuro anni ‘90, sorride mentre ti saluta e non ti riconosce. Ci pensi un attimo ma già lo sai, che non dirai niente.

Mkhitaryan a un centimetro dalla riga

La tua famiglia ti ha insegnato a non parlare, se stai male te lo tieni per te, l’ultima volta che sei andato dal medico era per ritirare delle ricette per tuo zio. Ti ha detto di passare a trovarlo, hai annuito di condiscendenza. In un discorso origliato a cena hai capito che potrebbe trattarsi di una forma di ipocondria uguale e contraria a quella per cui si va dai medici e si fanno analisi ossessivamente. Da un mese però soffri di reflusso gastrico e la cosa ti fa impazzire. Non riesci neanche a sdraiarti senza star male; la notte ti svegli e hai l’impressione che un gomitolo di lanugine ti sia rimasto incastrato in gola. L’unico rimedio che hai deciso di adottare è questo: un litro di Coca Cola a pranzo, un litro di Coca Cola a cena. Al momento non vedi alcun beneficio, ma chissà.

Mancini dopo lo stop di mano

Ti svegli con la bocca asciutta e un gran mal di testa. Provi a ricordare cosa avevi fatto la sera prima. Un aperitivo protratto troppo a lungo, tante ore in piedi, a bere per strada, tutto ciò che sognavi mentre eri a casa in lockdown a fare esercizi sul tappetino da yoga. Ti va bene pagarlo stamattina, ma qualcosa ti sfugge. Prendi il tubo nuovo di biscotti ai cereali e sai già che non riuscirai ad aprirlo senza l’aiuto delle forbici. Fai due taglietti alle estremità della linguetta e tiri, viene via subito come pelle morta. Eppure non si apre, la plastica si è rimarginata alla testa del tubo; riprovi due o tre volte, ma è uguale. Prendi il barattolo di marmellata, non si stappa in nessun modo. Provi a farlo sfiatare col coltello, ma è inutile. Prendi lo yogurt, e anche lì il coperchio non tiri via. Quando racconti il sogno alla tua terapista sembra molto sicura: i barattoli rappresentano le opportunità della vita, il fatto che non si aprano la tua incapacità di coglierle.

Manchester città della musica, lo sappiamo. In onore dello United in finale di Europa League abbiamo messo in classifica quindici band di Manchester. Il gusto è personale, metto le mani avanti.

15. Politburo – non so chi siano ma bel nome. 14. Elbow – che noia. 13. Slaughter and the dogs – divertenti ma di maniera dai, vanno bene solo con le latte di birra da 39 centesimi.

12. The Chameleons – la versione new wave dei Slaughter and the dogs. Buoni da spendersi per far colpo su una tipa dark, ma fiacchi. Questa però è carina. 11. The Verve – una canzone da lasciare ai posteri e poco altro. 10. Simply Red – non saprei, ma almeno un pezzone incredibile accompagnato da uno dei video più incredibili della storia della musica, una specie di Bound 2 rifatto da Salvador Dalì.

9. Take That – qualcuno sapeva che i Take That erano di Manchester? 8. New Order – ok da ballare. 7. The Chemical Brothers – sopravvalutati. 6. A Certain Ratio – sottovalutati. 5. Oasis – hanno sempre giocato nel campionato dei muratori della musica, spiccando però sempre tra i migliori. 4. Stone Roses – I wanna bee adooooooooored. 3. Happy Mondays – il loro cantante non si lavava mai i capelli e si vestiva come un insegnante di geografia alle medie. Il conflitto tra quanto era glamour la loro musica e quanto poco glamour erano loro era abbacinante. Dei grandi.  2. The Smiths – almeno sei dischi stupendi. 1. Joy Division – maestosi.

Estupinan – Campanile di Val Montanaia

Cosa poteva mancare a questa rubrica dopo almeno 100 gol Europa League di tutti i tipi? Un gol che prima illude e poi dispera. Nicola Zalewski, romano di Tivoli, figlio dell’immigrazione polacca, alla prima partita tra i professionisti della sua vita pensava di essersi tolto lo sfizio di segnare al Manchester United, una cosa che puoi raccontare per tutta la vita, anche se magari finisci a fare una magra carriera nel calcio minore. Certo non era un gol pulito, ma chi sarebbe andato a controllare? Sarebbe stato il gol più giovane in una semifinale di Europa League. Tutti si sono congratulati con lui: se la Roma non ha raggiunto la finale, il suo gol ha almeno portato la vittoria, in una partita in cui il pareggio sarebbe stato una beffa. Insomma una grande serata. È stato lo stesso Zalewski però a ricordarci che le illusioni sono la porta del dolore: «Non ho una dedica particolare comunque già so che non mi hanno assegnato il gol, hanno dato autorete». La Uefa infatti si è messa col righello e ha deciso che il suo tiro deviato in porta da Alex Telles dovesse essere autogol di Alex Telles.

Al 30esimo del primo tempo la Roma è costretta ad effettuare il primo cambio per infortunio, il quarto se si contano anche i 90 minuti dell’andata, il sesto se si contano anche i due intercorsi nella settimana tra le due partite (quelli, cioè, di Villar e Diawara). La semifinale sembra destinata a un triste epilogo e l’uscita di Smalling, l’uomo che il club giallorosso ha inseguito per un’estate intera, è la pietra tombale sulle già esilissime speranze di rimonta della squadra di Fonseca. Ma il calcio, come tutte le cose, è una questione di punti di vista. L’allenatore portoghese ci pensa, fa vestire Kumbulla, poi però cambia idea e decide di dare una chance a uno dei tanti giocatori della Primavera presenti in panchina: Ebrima Darboe. Quella che per tutti era fino a quel momento una serata depressa, per una singola persona diventa quello che viene chiamato “il sogno di una vita”. Una definizione molto retorica, ma che in questo caso specifico contiene forse qualche verità. Forse i due piani hanno finito per influenzarsi, chissà: fatto sta che da quel momento la partita ha preso una piega inaspettata, nonostante il Manchester United segnerà di lì a poco.

Darboe è arrivato alla partita di ieri alla fine di un «viaggio lungo», come ha detto lui stesso nel post-partita. Nato a Bakoteh, in Gambia, Darboe a 14 anni, dopo aver già perso il padre, ha preso un autobus per intraprendere la rotta che porta dall’Africa subsahariana all’Europa, passando per la Libia – con tutto ciò che questo comporta. Sei mesi dopo è arrivato in Sicilia, dove ha intrapreso la trafila burocratica che coinvolge molti dei migranti e dei rifugiati che sbarcano nel nostro Paese. Prima il passaggio in uno SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo), poi l’avvio della sua carriera calcistica nella squadra amatoriale dello Young Rieti. Il resto della storia lo ha raccontato la stessa Roma in un thread di qualche tempo fa, quando venne convocato per la prima volta in prima squadra per una partita di campionato contro il Milan. 

Da ieri, però, alla sua storia si è aggiunto un livello, che poi è l’unico livello che dovrebbe essere preso in considerazione quando c’è da parlare di giovani talenti, e cioè quello dell’hype per il suo futuro. Darboe ha infatti messo in mostra una partita di assoluto livello, condita di letture difensive interessanti, un’ottima capacità di resistere alla pressione con finte di corpo e controlli orientati e anche una buona visione di gioco nel bucare il pressing avversario. Darboe è stato il giocatore a cui sono riusciti più dribbling (4 su 4) e ha gestito il pallone con un’accuratezza del 93%, in una squadra che fa sempre una fatica biblica a controllare il possesso sotto pressione. Per esempio quando al 38esimo del primo tempo ha riciclato un retropassaggio troppo lungo di Pellegrini trasformandolo in una costruzione dal basso, dopo aver eluso prima con l’esterno e poi l’interno Greenwood e Cavani. Oppure, pochi minuti dopo, quando si è fatto girare intorno Bruno Fernandes mettendoselo alle spalle come con una porta girevole per far ripartire l’azione in verticale.

Ovviamente non si può ricondurre tutto a una singola prestazione, ma da quando è entrato lui la Roma è sembrata a tratti la squadra che forse Fonseca aveva sempre immaginato. Tra i rimpianti e rancori lasciati sul terreno dal doppio confronto con il Manchester United, la Roma forse può dire di aver trovato anche una piccola speranza nel futuro. 

Un video dell’invasione di Danzica da parte dei nazisti per prepararvi

Fatto che scatenò ufficialmente la seconda guerra mondiale. Erano le 4 e 45 del primo settembre del 1939.

Organizza la tua trasferta a Danzica

E quindi siamo arrivati. Il 26 maggio al Gdańsk Stadium si disputerà la finale dell’unico torneo tra quelli che prevedono una finale a Danzica. Le previsioni parlando di 9500 posti disponibili e magari volete essere uno di quei 9500. Ma anche da casa grazie a noi potrete godere delle meraviglie e le stranezze di Danzica, una città che ha attraversato la storia come un vento freddo. 

Un cimitero: Cimitero dei difensori di Westerplatte

La storia di Danzica è anche una storia di resistenza e morte. Il 1 settembre 1939 i tedeschi attaccarono la penisola di Westerplatte per conquistare il porto di Danzica. La prima azione militare della Seconda Guerra Mondiale, quando 209 soldati polacchi resistettero per 7 giorni a un comando di oltre 3000 tedeschi su questa penisola sabbiosa e pianeggiante che si affaccia sulla costa baltica rafforzano il morale del popolo polacco. 

Una ricetta: Barszcz Czysty Czerwony

Forse avete sentito parlare del borscht, una zuppa tipica dell’Europa orientale ricca come un’opera di Hans Memling. Tuttavia al contrario il barszcz, il cui nome è indubbiamente simile a borscht è praticamente più barbabietole messe in una pentola. Ora potrà sembrare semplice, ma prima di tutto dovreste aver presente cosa sono le barbabietole e io, per dire, conosco vagamente il concetto di barbabietola da zucchero, ma più per questioni di geografia delle medie che per altro e se dovessi proprio ora andare al mercato a comprare delle barbabietole senza prima cercare su Google potrei avere dei problemi. Comunque, una volta che avete scoperto cosa sono e soprattutto dove trovarle (non credo ci sia un barbabietolaro di fiducia nella vostra città) tutto quello che dovete fare è avvolgerle in della carta argentata e metterle al forno per 40-45 minuti. Una volta fatto ciò le tagliate a strisce e le inserite in un bel brodo caldo possibilmente di carne, ma vedete voi, credo vada bene anche un brodo di verdure o il dado, non lo so, non sono un cuoco anche se vi sembrerà strano. Mentre il tutto sobbolisce per dare sapore di barbabietola a dell’ottimo brodo di carne (ma perché?) aggiungete dell’aglio, del limone, del sale, del pepe e dello zucchero e il gioco è fatto.

Il vero tocco di magia arriva però al momento di servirla: prendete dell’aneto, la spezia che si può scoprire solo dopo i 30 anni, ma che da uno sprint ai piatti. 

Un souvenir: una mappa della Polonia del 1711

Chi non vorrebbe una mappa della Polonia nel proprio salotto? Questa realizzata con lo stile della litografia e disegnata a mano nel 1711, costa solo 441,28 più spese. Come non farci un pensierino?

Se non prendete il tram a Danzica non siete nessuno. 

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.

Una finale fatta di tanti momenti e significati diversi.

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